Specchio del mondo
L’invenzione del quadro nell’arte fiamminga
Hans Belting- Edizione: Ottobre 2016
- Collana: Sfere
- ISBN: 9788843074013
- Pagine: 232
- Prezzo:
23,00 €21,85 € - Recensioni
In breve
Il quadro come genere autonomo nasce all’inizio del Quattrocento in Italia e in Olanda. Al Sud, è il risultato di un costrutto matematico elaborato sulla base delle regole della prospettiva centrale; al Nord, mira a restituire una percezione immediata. In Italia, deve raccontare una favola; in Olanda, serve a descrivere le cose. Inventato come uno specchio del mondo da pittori quali Jan van Eyck, Robert Campin e Rogier van der Weyden, il quadro ambisce a rappresentare la realtà nella sua interezza su una piccola superficie simbolica; ambizione che ha finito per caratterizzarne tutta la storia successiva. In questo libro – riccamente illustrato – Hans Belting racconta la grande rivoluzione che allora significò la nascita del nuovo dipinto, individuandone le origini a partire dalla pittura su cavalletto e dai grandi altari dell’epoca.
Parlare di “invenzione del quadro” attorno al 1430 potrà sembrare un po’ esagerato, dato che i pannelli dipinti esistevano già prima di quella data. Tuttavia, per i pittori di quella generazione, il quadro si presenta con un aspetto così radicalmente nuovo che si può parlare di una vera e propria “reinvenzione”, che si presenta come uno “specchio del mondo”. Per comprendere questa svolta, è opportuno ricordare quello che ne ha costituito la preistoria negli ambienti di corte: le preziose opere di oreficeria e i manoscritti miniati hanno un’estetica del tutto diversa, un’estetica materiale anziché un’estetica della rappresentazione mimetica. In Italia la svolta avviene all’incirca nello stesso periodo, ma in modo diverso: qui si disponeva anche di una letteratura d’arte che nei Paesi Bassi comparirà soltanto in seguito. Anche nel Nord Europa è possibile riconoscere un’arte “rinascente” nel lavoro dei pittori: contratti e iscrizioni testimoniano dell’esistenza di un nuovo concetto di arte.
Ma per meglio comprendere tale concetto è necessario premettere una spiegazione terminologica. Se si parla di “arte” si intende l’artigianato o il mestiere del pittore; con “scienza” (science) si designa certo la scienza, ma anche, nel nostro contesto, l’arte nell’opera del pittore. È un’arte che va ben oltre l’artigianato, ma che si realizza con le competenze dell’artigiano. In quest’ottica, il termine “invenzione” assume il suo effettivo significato: è logico dunque che Jan van Eyck si presenti come l’inventore dell’arte quando rivendica, con la firma delle sue opere o con il suo motto «Alsichchan» (“Del mio meglio”), il proprio statuto di artista e la propria idea di arte.
Ma quest’arte esigeva anche un nuovo osservatore che potesse apprezzar- la, insomma che si scoprisse soggetto capace di percepire il mondo. In questo senso, la novità del quadro consistette nel riprodurre lo sguardo dell’osservatore, facendo di lui un individuo e invitandolo a prendere alla lettera il riflesso del proprio sguardo nell’immagine dipinta. Fu così che nelle Fiandre, il quadro costituì presto un’“antropologia dipinta dello sguardo”, alla quale è stato dedicato un capitolo: uno dei suoi tratti caratteristici era che i pittori concepivano lo sguardo come duplice e lo dirigevano sia al mondo interiore sia a quello esteriore. Così essi riconoscevano la duplice natura dell’uomo in quanto fatto di corpo e di anima e dotato di percezione e di immaginazione. I fiamminghi hanno anche inventato il ritratto come lo conosciamo ancora oggi. Era un genere fra tanti, ma è in esso che l’invenzione del quadro si lascia cogliere senza sforzo in tutta la sua portata. Il ritratto implica inoltre un messaggio sociale poiché ha saputo risolvere il conflitto tra idea- le cortese e realtà borghese legandoli in una visione più ampia dell’essere umano.
Un ritratto era un documento pittorico che l’artista autenticava con nome e data e che aveva un titolo giuridico, quello del diritto alla rappresentazione. La somiglianza non è la causa, ma la conseguenza del- la rappresentazione in quanto compito, tuttavia tale somiglianza era una convenzione che dipendeva dai pittori cui toccava elaborarla. L’esigenza di realismo è vieppiù accresciuta nel ritratto dei coniugi Arnolfini, dove viene sancito un contratto, al quale il pittore riflesso nello specchio afferma di esser stato presente in qualità di testimone.
Il quadro come genere autonomo nasce all’inizio del Quattrocento in Italia e in Olanda. Al Sud, è il risultato di un costrutto matematico elaborato sulla base delle regole della prospettiva centrale; al Nord, mira a restituire una percezione immediata. In Italia, deve raccontare una favola; in Olanda, serve a descrivere le cose. Inventato come uno specchio del mondo da pittori quali Jan van Eyck, Robert Campin e Rogier van der Weyden, il quadro ambisce a rappresentare la realtà nella sua interezza su una piccola superficie simbolica; ambizione che ha finito per caratterizzarne tutta la storia successiva. In questo libro – riccamente illustrato – Hans Belting racconta la grande rivoluzione che allora significò la nascita del nuovo dipinto, individuandone le origini a partire dalla pittura su cavalletto e dai grandi altari dell’epoca.
Parlare di “invenzione del quadro” attorno al 1430 potrà sembrare un po’ esagerato, dato che i pannelli dipinti esistevano già prima di quella data. Tuttavia, per i pittori di quella generazione, il quadro si presenta con un aspetto così radicalmente nuovo che si può parlare di una vera e propria “reinvenzione”, che si presenta come uno “specchio del mondo”. Per comprendere questa svolta, è opportuno ricordare quello che ne ha costituito la preistoria negli ambienti di corte: le preziose opere di oreficeria e i manoscritti miniati hanno un’estetica del tutto diversa, un’estetica materiale anziché un’estetica della rappresentazione mimetica. In Italia la svolta avviene all’incirca nello stesso periodo, ma in modo diverso: qui si disponeva anche di una letteratura d’arte che
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Hans Belting
Ha insegnato nelle Università di Heidelberg e di Monaco e alla Hochschule für Gestaltung di Karlsruhe.