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Il Corano
Una lettura. Bibliografia orientativa e indice tematico a cura di Gabriele Tecchiato
Edizione: 2016
Collana: Quality paperbacks (82)
ISBN: 9788843082483
- Pagine: 286
- Prezzo:€ 12,35
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In breve
Come è possibile per un non musulmano avvicinarsi al testo sacro su cui si fonda l’islam orientandosi nella ricchezza dei suoi motivi senza dimenticarne però il principio fondamentale per cui esso è letteralmente “Parola di Dio”? Il volume offre un percorso di lettura della peculiare trama religiosa del Corano guidato, in primo luogo, dal testo stesso. Dalla fisionomia della creazione al significato della volontà umana, dalla funzione profetica alla natura del potere, dalla questione del jihâd alla condizione femminile: attraverso ampi e continui riferimenti testuali l’autrice si sofferma su nuclei tematici definiti, per favorire anche chi non abbia alcuna familiarità con la complessa struttura compositiva del Corano. L’auspicio è far emergere le differenze fra i tre monoteismi abramitici – giudaismo, cristianesimo e islam – contribuendo in pari tempo al dialogo interreligioso che, per essere fecondo e condiviso, non può non riconoscere la centralità dell’uomo come soggetto storico e l’istanza di ogni fede a sentirsi portatrice di verità.
Indice
A mo’ di introduzione. La peculiare attualità del Corano
Recensioni
Un percorso di lettura della peculiare trama religiosa de Il Corano. Un approfondimento di Biancamaria Scarcia Amoretti, frutto di lunghi anni di studi e di ricerca.
L’incarnazione del dio cristiano è nell’uomo Gesù…
Allah non è padre, è creatore. Il seme può avere un valore maschile, ma il Corano dà una enorme attenzione al corpo femminile. Dire come fa l’islam che dio è creatore in senso assoluto significa che lui è l’unico che non può essere concepito in termini di genere.
Assolutamente no. Nel Corano si dice che tutto quello che è creato è buono in sé. E c’è un versetto molto famoso, che riguarda il digiuno, in cui si dice che dio aveva pensato di dare una prova più dura alle sue creature ma poi cambiò idea. Nella concezione islamica, essendo completamente libero, decide di concedere la notte per la vita naturale e il benessere umano. Dunque si può mangiare ma si può anche godere del rapporto uomo donna.
Qual era la condizione della donna prima dell’islam?
Ci sono molte ipotesi, fra cui anche che ci fosse un matriarcato nella penisola araba. Noi abbiamo solo alcuni fatti storici e il testo. Conosciamo molte divinità femminili pre islamiche ed è un fatto che la prima generazione di musulmani abbia conosciuto un grande protagonismo femminile.
Nel Corano ci sono molte figure di donna significative a cominciare da A’isha
La più emblematica, a mio avviso è quella di Maria, madre di Gesù. E’ più eversiva della nostra perché non c’è nessun Giuseppe ad affiancarla.
C’è un dibattito bioetico a partire da ciò che è scritto o non è scritto dal Corano?
Mi sono premurata di metterlo da parte: ho voluto presentare il testo, con una impostazione che rivendico a tutto tondo. Non voglio fare una storia dell’esegesi perché siamo ancora ben lontani da quelle che sono state realizzate per il Vangelo, con alle spalle secoli di studi. I musulmani non sono stati inferiori in questo. Ma non abbiamo il polso della situazione. Nella galassia musulmana ci potrebbe essere qualcuno che con assoluta coerenza e dottrina ha tirato fuori un commento che finalmente espliciti in una chiave molto autorevole questi temi. Ma oggi non possiamo saperlo perché non abbiamo raccolto tutti i commenti. Sfido chiunque a dire di essere aggiornato in merito.
Lei scrive che secondo il Corano il processo di crescita del feto nell’utero non è strutturalmente diverso da quello che avviene, per esempio, nel mondo vegetale: l’uomo è cosa (Shay’) venuta in essere. Ovvero?
La sessualità nel rapporto uomo donna non è solo destinata alla procreazione. E questo è un punto importante. Inoltre il Corano è un libro fortemente versato sul fatto che l’uomo sia "un pezzo" di natura. Per questo ci deve essere una grande armonia, che prevede però una scala gerarchica: l’uomo può usare gli animali. Così come essi approfittano del mondo vegetale.
Il Corano non scoraggia la conoscenza scientifica?
No, perché tutto ciò che è creato è buono, dunque perché non conoscerlo?
Il dio assoluto dell’islam può aver influenzato alcuni filosofi occidentali, per esempio Spinoza?
Il discorso è affascinante, ma su questo versante gli studi sono molto indietro. Nei secoli del Medioevo sono passate tematiche filosofiche improntate a questa visione di dio. Poi per tanto tempo si è negato che vi fosse stato un contributo. Io credo che questa storia sia ancora da scrivere. Fin qui è stata fatta solo per frammenti, ritrovando tracce in Anselmo d’Aosta, piuttosto che in altri. Ma non c’è un discorso più complessivo, anche perché gli occidentali oggi non mi sembrano molto disponibili a portare avanti questo discorso. Anche fra gli studiosi la tendenza è piuttosto a dire che non vi è stata influenza. Come se i secoli della dominazione andalusa non fossero esistiti. Solo nel settore della mistica e dell’esoterismo si è stati disposti ad ammettere un contatto, ma la mistica è solo un singolo aspetto e poi è un’esperienza connotata in senso aristocratico, elitario.
La forma letteraria del Corano è certamente alta.
L’oralità così come il rapporto con la poesia precedente all’islam come si configura?
La poesia precedente è importante non tanto perché veniva detta oralmente ma perché costituisce il vocabolario pregresso dell’arabo. Che poi l’oralità nel mondo musulmano funzioni molto lo vediamo anche oggi. Capire perché e come avvengano certe forme di indottrinamento, in questo caso certamente negative, implica ripercorre certi modi antichi. Nell’islam il rapporto è più personalizzato, c’è sempre un richiamo che passa attraverso una voce. Che, va detto, può essere anche femminile.
Mentre torna in nuova edizione un classico come Il mondo musulmano di Biancamaria Scarcia Amoretti, l’editore Carocci pubblica anche la lettura de Il Corano che la docente di Islamistica de La Sapienza ha scritto per offrire strumenti a un migliore dialogo fra differenti culture. Un’avventura intellettuale che, su invito dell’editore, Scarcia ha intrapreso, forte della sua vastissima cultura e delle sue ininterrotte frequentazioni del mondo intellettuale islamico. Ben consapevole però dei problemi che pone la mancanza di traduzioni antiche "canoniche", così come la polisemia del testo che ammette una pluralità di interpretazioni. «Il mio tentativo – spiega Scarcia – è stato quello di presentare la mia versione, quello che io ho tratto da questo libro, essendo laica. E aggiunge: «Laica in tutti i sensi, non solo per il fatto che non sono addetta delle religioni».
Nel breve periodo la paura è la merce più redditizia in politica. Compatta, rende solidali, attutisce perfino i principi. Una politica lungimirante sa che la paura, presto o tardi, diventa difficilissima da governare e spesso sbrana chi l’ha allevata. Si pensi al peso della paura nella genesi dei totalitarismi, nella corsa agli armamenti, nelle variazioni dell’antisemitismo. Da qualche decennio il movimento migratorio ha portato una nuova paura che è la paura di tanti islam, improvvisamente divenuti di casa di tutti gli abitanti del pianeta e di un Occidente svogliato davanti alla fatica di cogliere varianti, sfumature, spiritualità di quei mondi. Sicuro di poter addomesticare qualsiasi fede, ha fatto dell’ analfabetismo religioso una virtù civile e della grossolanità un vizio chiamato spesso coraggio. E un cristianesimo in calo d’autostima spirituale ha creduto che il suo compito sia diventato quello di difendersi come «cultura» sul piano delle identità o come ermeneuta del «naturale» sul piano della legge, rinunciando a tentare un’ermeneutica dell’altro e dunque di sé. Da qui la paura di tutto: minareti, barbe, foulard obbligatori per diversi e opposti motivi settant’anni fa. E regina di tutte, la paura della mancanza di paura. Mentre la cosa che per prima dovrebbe spaventarci - cioè l’instabile convivenza fra persone che ignorano le priorità interiori dell’altro - sembra trascurabile. È per questo che un piccolo libro come Il Corano di Biancamaria Scarcia (Carocci) diventa oggi un talismano ancora più prezioso. Non ci sono qui ingenue sottovalutazioni dei problemi o tentativi per far diventare vicine le religioni di Abramo o i cosiddetti monoteismi. Al contrario il lettore troverà una tesi forte: se c’è una specificità coranica - e c’è - è quella di un testo che è insieme scrittura, recitazione, preghiera alfabeto, dottrina, salmodia in un tutt’ uno: e che dunque si impone all’interpretazione che cresce con chi legge e legge chi da essa si fa crescere. Biancamaria Scarcia lo fa con la sicurezza della grande studiosa: allieva della grande scuola di Bausani - la cui traduzione del Corano è ancora oggi un pezzo pregiato del catalogo Mondadori e qui utilizzata insieme a quella di Mandel Kahn -, la studiosa offre sì una lettura ma anche qualcosa di più: sfata l’idea che la violenza fondamentalista sia un islam «radicale» e lo demistifica a islam blasfemo. Oggi in Italia non c’è parlamentare o maestra, assessore o parroco, che possa pensare di fare a meno di queste nozioni. Così come almeno alle figure di spicco delle comunità islamiche sarebbe utile rendersi conto di come e quanto la tradizione della Scrittura ebraica, e di quella cristiana, sia indispensabile per decifrare la nostra società, tanto più a chi non senza qualche ragione ne coglie solo le dissipazioni e le dissolutezze.