Palermo
Ipotesi di semiotica urbana
a cura di: Gianfranco Marrone
Edizione: 2010
Collana: Biblioteca di testi e studi (587)
ISBN: 9788843055326
- Pagine: 296
- Prezzo:€ 29,45
- Acquista
In breve
Indice
Recensioni
Il posto che ci è più ignoto è quello in cui si vive. Tutto sfila velocemente davanti ai nostri occhi senza sussulti. Un "deja vu" che dissolve ogni emozione. Monte Pellegrino, eccolo lì come ogni giorno. Dobbiamo ricorrere a Goethe per distillare il concetto di bello da quell' ammasso di rocce e macchia mediterranea. Nella nostra quotidianità la Favorita è solo posto di attraversamento, cornice per footing e intreccio di anfratti del meretricio, finché qualche altro straniero non ci ricorda che è uno dei parchi cittadini più estesi d' Europa, prezioso antidoto per gli sfregi del cemento e delle automobili. E che dire del mare, seppure cancellato da un' insensata espansione urbanistica, è sempre emblema di libertà, di movimenti e di orizzonti lontani. Anche quando non lo vediamo sappiamo che c' è. A condizione però che qualcuno ce lo faccia notare. Partendo dalla consapevolezza che, al di là della percezione epidermica, poco si sa della dimensione meno apparente di Palermo, un team di studiosi, guidati da Gianfranco Marrone, ha analizzato la città con gli strumenti della semiotica, un tentativo, per molti aspetti pionieristico, che apre nuove direzioni di ricerca (Titolo: Palermo- Ipotesi di semiotica urbana, edizioni Carocci, 294 pagine, 31 euro). Finora il capoluogoè stato analizzatoo rappresentato con gli strumenti di articolate discipline: sociologia, geologia, antropologia, urbanistica, cinematografia, storia, archeologia, architettura e così via. Ora la si è voluto studiare con occhi diversi: il metodo sociologico (interviste, questionari, narrazioni) per fare un esempio, è stato sostituito da quello semiotico, ciò dalle analisi testuali dei segni (e per segno si intende qualsiasi frammento fisico o espressivo) linguaggi, gesti e comportamenti. L' identità di un agglomerato urbano - come scrivono gli studiosi - non è fatto solo di strade, monumenti, palazzi, negozi, movimenti, ma anche di suoni, immagini, gesti, parole, odori, sapori, comportamenti, valori e memorie. Tutto ciò in pratica che ha costituito e continuamente ricostituito la città. Elementi materiali e immateriali che amalgamandosi danno vita a una struttura in continua metamorfosi. A uno spazio condiviso, territorio di elaborazioni culturali e urbanistiche. «Abitando, percorrendo, trasformando lo spazio, una città vive e si afferma». Gianfranco Marrone, ordinario di Semiotica nell' Ateneo palermitano, e i suoi collaboratori (Marialaura Agnello, Maria Claudia Brucculeri, Alice Giannitrapani, Dario Mangano, Francesco Mangiapane, Luisa Scalabroni, Ilaria Ventura) hanno analizzato la costruzione e l' evoluzione dell' identità culturale della città attraverso l' analisi dei suoi siti di socializzazione, reali e virtuali: la zona del Politeama; il prato del Foro Italico; la spiaggia di Mondello; la rete dei pub e le aree urbane adiacenti; i super market; il campus universitario di viale delle Scienze; il santuario di Santa Rosalia; l' urban blog Rosalio. it. Gli studiosi con la tecnica dell' osservazione partecipante hanno in qualche modo ricostruito de dinamiche sociali che si sono intrecciate sotto i loro occhi tra il luglio 2007 e il luglio 2009 negli otto luoghi prescelti. Una scheggia di tempo che diventa una sorta di "fermo immagine" di due anni di spezzoni di vita cittadina. Ne viene fuori una città che vive un dinamismo "ossimorico": spinte verso una modernizzazione fisica e culturale e sacche di resistenza di vecchi modelli, duri da estirpare; aree di forte integrazione etnica e luoghi di radicate discriminazioni razziali. La Palermo vecchia di oggi è un' eterna incompiuta «con un tessuto urbano, nel senso semiotico di un "testo" coerente e leggibile, ma soltanto un mosaico di zone felici senza alcun collegamento fra loro, ognuna delle quali dà adito a forme diverse di socializzazione, e con moltissime tessere mancanti: aree vuote e prive di significati, zone densissime ma senza identità, spazi aperti verso il nulla, forme di socializzazione degradatee violentee una cultura provinciale che dalle periferie e dei paesi dell' interno in abbandono si urbanizza come sa e come può». La ricerca sottolinea di come ormai l' identità della vecchia Palermo sia stata rivitalizzata proprio da quegli immigrati che hanno ricostruito una ragnatela sociale - fatta di negozi, abitazioni e piazze - con lo spirito dell' autentica palermitanità. «Lo dice innanzitutto il centro storico - scrive Marrone - i cui edifici barocchi e i vicoli tortuosi hanno finalmente abbandonato le mitiche euforie tardo-gattopardesche per farsi alloggi, commercie percorsi di etnie diverse, nel senso di portatrici di differenza di molteplicità di valori, di pluralità di forme di vita. Grazie all' occupazione forzosa e fortunata del centro storico da parte degli stranieri non solo molti edifici, non più abbandonati, hanno meglio resistito al degrado, ma in generale tutta l' area ha sottolineato la sua abilità, il suo senso, la sua memoria. In esso, fra l' altro, stanno tornando a rifiorire i vecchi mercati arabi, che arabi sono tornati a essere per inconsapevole astuzia della storia». E sono gli stessi immigrati - soprattutto i tamil - che hanno fatto rinascere il santuario di Santa Rosalia come luogo di culto e il prato della Favorita come luogo di svago. La lente d' ingrandimento dei ricercatori ha dilatato alcuni luoghi e comportamenti - ovviamente funzionali alle tesi di partenza - ma ha tralasciato altri nodi strutturali a nostro avviso degni di approfondimenti. Ne citiamo alcuni: "quelli dentro le auto", imbottigliati nel traffico (tutti ci siamo chiesti dove vanno e cosa fanno le migliaia di persone dentro le automobili a ogni ora del giorno); i "peri incritati", quei paesani che sono stati uno straordinario motore di cambiamento dagli anni Sessanta in poi; "l' amico", quella figura mitica indispensabile per risolvere ogni problema, come dire la raccomandazione pret a porter; "il teatrino" in ogni piazza, cioè la vita quotidiana come rappresentazione; "le lingue", l' accavallamento di dialetti cittadini; "la confusione tra virtualità e realtà" (è più reale un condominio dove non nemmeno ci si saluta o un blog dove ci si confronta e poi magari ci si incontra?); "la mafiosità", quei comportamenti che inscena anche chi è lontano da appartenenze e logiche criminali (su questo appariscente problema, uno dei pochi accenti si trova nel capitolo sul blog Rosalio in meritoa una polemica innescata da Tony Ciaravello, genero di Riina). Sulle aree frequentate dai giovani, per quanto riguarda il Borgo Vecchio non c' è solo quello spazio di aggregazione - descritto nello studio - ma ce ne sono ben tre: all' inizio di via Scinà, dove a sinistra bivaccano i punk locali, a destra sul muretto di fronte gli extracomunitari e nella piazza centrale gruppi più variegati. Sempre sui siti aperti vorremmo suggerire la nostra tesi dello spazio curvato dagli astanti in base alle loro necessità di dinamismo sociale. In pratica lo spazio lineare a Palermo viene ridisegnato attraverso complessi sistemi di relazioni per creare quegli intrecci all' origine negati dalla geometria. Sarebbe interessante approfondire sul campo come le strade e le piazze diventano contenitori di relazioni umane. «Il nostro studio manca questo e altro - dice Marrone - La prima stesura infatti vuole essere solo un punto di partenza. Ben venga ogni altro suggerimento che ci aiuti a orientare in modo più ampio la ricerca, che intendiamo continuare».