Formazione
In breve
Quando oggi sentiamo parlare o leggiamo dell'economia globale, è in genere in termini di flussi vorticosi di capitali, speculazioni finanziarie, migliaia di dollari di beni, servizi e investimenti che circolano senza sosta per il pianeta. Meno spesso sentiamo parlare dei cento milioni di cittadini dei paesi industrializzati che si collocano al di sotto della soglia di povertà, o dei trentacinque milioni di disoccupati. E ancora meno del miliardo e trecento milioni di persone che vivono nei paesi in via di sviluppo e il cui reddito giornaliero è inferiore al dollaro.
"Conciliare la globalizzazione con la sicurezza sociale - afferma Kapstein - è dunque il nostro grande compito all'inizio di un nuovo millennio". La globalizzazione, infatti, non è un fenomeno puramente economico, e tantomeno un processo spontaneo o "naturale". Al contrario, è il risultato di ben precise decisioni politiche prese all'indomani della seconda guerra mondiale e legittimate all'interno di ciascun paese da un vero e proprio patto tra governanti e lavoratori.
Oggi questo patto si è rotto o rischia di rompersi, e per rimanere competitivi i governi dei diversi paesi stanno smantellando o
fortemente riducendo il sistema di garanzie noto come "stato sociale".
Non si tratta di fermare la globalizzazione o di ripristinare le vecchie reti di protezione. Occorre piuttosto individuare politiche in grado di garantire che anche i poveri e i meno avvantaggiati abbiano l'opportunità di diventare membri produttivi della società: di far sì, in una parola, che il divario tra vincitori e vinti resti entro limiti accettabili.
Indice
Prefazione
1. I lavoratori e l'economia mondiale
2. Mercati e lavoro in una prospettiva storica
3. Il lavoro e l'ordine postbellico
4. Come è andata ai lavoratori
5. La ricchezza di tutti
6. L'America è davvero la "terza via"'