La parola
Una democrazia "continua"?, di Stefano Rodotà (pp. 1-5)
DOI: 10.7377/72573
Abstract Nell’articolo di Rodotà si trovano riuniti, seppure sinteticamente, gli argomenti trattati lungo tutto il fascicolo: in particolare quelli relativi alle trasformazioni degenerative (rispetto alla concezione “bassiana”) della forma partito, nella sua relazione con i cittadini; ma anche l’accenno, alla novità costituita dai nuovi soggetti, dalle nuove forme di elaborazione politica, che si vanno insediando negli spazi abbandonati o ignorati dai partiti (la Rete). Si conclude infine con l'interrogativo: riusciranno queste nuove forme di democrazia “continua” dei cittadini a integrarsi con le istituzioni rappresentative? E spetterà ancora a una forma partito trasformata di «essere lo strumento di congiunzione tra il tempo del cambiamento e quello della costruzione?
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Le interpretazioni
Dalla democrazia dei partiti al plebicito dell'audience, di Nadia Urbinati (pp. 7-21)
DOI: 10.7377/72574
Abstract Nada Urbinati fornisce un quadro generale sulle forme del mutamento intervenuto nella democrazia rappresentativa e nei partiti: è all’interno di uno spostamento generale della democrazia dai partiti al “pubblico”, dai militanti attivi all’audience governata da esperti di media, che mutano anche le forme della partecipazione, imperniata ora sul “giudizio”. Si tratta di un aspetto che pone una serie di problemi che qui vengono richiamati e che si incentrano sul paradosso per cui l’insistenza sul fattore estetico dell’opinione pubblica – poiché le immagini sono la sorgente di un tipo di giudizio che valuta gusti più che fatti politici – agisce in realtà a detrimento del fattore cognitivo e politico-partecipativo. Anche perché il passaggio dalla partecipazione alla spettatorialità sposta l’attenzione del votante dai programmi e dalle piattaforme politiche all’immagine del candidato, provocando la perdita di rilevanza dell’accountability (la rispondenza degli eletti agli elettori).
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La rappresentanza informale e il sistema della rappresentanza politica, di Dario Castiglione (pp. 23-35)
DOI: 10.7377/72575
Abstract Il saggio entra nel merito degli scostamenti intervenuti nella rappresentanza rispetto alla sua forma standard (in crisi a seguito della crescente complessità sia del processo decisionale che della relazione che lega i cittadini alla comunità politica), evidenziando la pluralità di voci e spazi informali nella sfera pubblica e nella società civile, che potrebbero, se meglio integrati, ovviare all’evidente deficit di legittimazione dei principali protagonisti della competizione parlamentare: i partiti.
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Donde vengono e dove se ne stanno andando i partiti politici?, di Alfio Mastropaolo (pp. 37-55)
DOI: 10.7377/72576
Abstract In questo articolo, l'autore, dopo aver ricordato come i partiti politici di massa abbiano a lungo indossato la veste di imprese politiche a vocazione nazionale, il cui specifico capitale simbolico risiedeva nella loro conformazione associativa e nazionale, il loro essere impresa politica e associazione civile; descrive come le modificazioni esterne e interne ai partiti e alla società ne abbiano completamente cambiato la struttura e la vocazione fino a trasformarli in public utilities, al riparo dello Stato, quasi sue articolazioni.
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Le storie, i luoghi
Sulla nascita della "repubblica dei partiti", di Mariuccia Salvati (pp. 57-70)
DOI: 10.7377/72577
Abstract Questo articolo,originato dal convegno, il Futuro della Democrazia in Europa, 9-10 dicembre, in onore di Lelio Basso, prende in esame, la ricostruzione del tragitto ideale che porta l’antifascismo italiano ad accettare l’inserimento nella Costituzione degli articoli sul ruolo costituzionale dei partiti politici.
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Lelio Basso e il finanziamento pubblico dei partiti (1963-1974), di Giancarlo Monina (pp. 71-94)
DOI: 10.7377/72578
Abstract L’approvazione della legge italiana di istituzione del finanziamento pubblico dei partiti in Italia è l’oggetto del saggio di Giancarlo Monina. Si tratta della prima approfondita ricerca storica dedicata alla descrizione del percorso compiuto da una proposta che – sorta nel 1963 in ambito democristiano con intenti di moralizzazione della vita pubblica (garantire l’autonomia dei partiti politici dalle pressioni esterne nel momento del varo del centrosinistra), ripresa nel dibattito dei costituzionalisti (Elia, Crisafulli, Maranini), approfondita in una vasta Indagine sul partito politico (isle) – incontra posizioni contrastanti nei partiti politici fino a quando, negli anni della contestazione e grazie ancora una volta all’iniziativa di un attore esterno, il Movimento di opinione pubblica (mop), iniziò finalmente a circolare nel 1970 come proposta di legge per essere approvata nel 1974.Centrale in tutto il percorso è il ruolo di Lelio Basso, che in questa battaglia si riallaccia idealmente alle posizioni maturate nella sua lunga militanza antifascista.
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Le campagne elettorali online fra innovazione e manipolazione, di Lorenzo Mosca (pp. 95-110)
DOI: 10.7377/72579
Abstract Lorenzo Mosca, in questo articolo,dimostra come, lo spostamento online delle campagne elettorali, lungi dal garantire una maggior vicinanza al pubblico, sembra, di fatto tradursi in procedure ancora più sofisticate di manipolazione del consenso a vantaggio delle oligarchie esistenti.
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I modelli
Il futuro della democrazia in Europa, di Luigi Ferrajoli (pp. 111-119)
DOI: 10.7377/72580
Abstract Luigi Ferrajoli in questo intervento (originato dal convegno Il futuro della democrazia in Europa, 9-10 dicembre 2011, in onore di Lelio Basso) illustra una triplice crisi: «della democrazia politica, dello Stato moderno quale sfera separata e sopraordinata all’economia e dello Stato costituzionale di diritto quale sistema di limiti e vincoli a tutti i poteri, sia pubblici e privati». Il principale risultato, egli ritiene, è un vuoto di diritto pubblico, di mancanza di regole nei confronti dei nuovi poteri transnazionali, a cui propone di contrapporre una rifondazione costituzionale delle forme della democrazia attraverso il loro allargamento a livello europeo.
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Lo Stato "disaggregato" nella politica globale, di Massimo Terni (pp. 121-135)
DOI: 10.7377/72581
Abstract Massimo Terni, entra nel merito dell’analisi della crisi dello Stato nazione, con la sua definizione di “Stato disaggregato”, termine che allude sia alla fine della coincidenza tra sovranità e territorialità, sia al configurarsi di una realtà trans-statale e informale di reti in cui il singolo Stato è costretto ad agire: al di fuori della propria giurisdizione e ridefinendo il proprio spazio nazionale in circuiti sovranazionali di funzionari e agenti degli organismi, economici, finanziari e di relazioni politiche internazionali, determinati da una élite di Stati leader. Un fenomeno che, evidenzia Terni, aveva già intuito Foucault chiedendosi se – contro i rischi di uno Stato Leviatano – non si tratti di «adottare il libero mercato come principio di organizzazione e regolazione dello Stato». Ma allora, conclude Terni, perché non cominciare proprio dall’Europa?
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Governi populisti, governi tecnocratici, governi democratici, di Cesare Pinelli (pp. 137-148)
DOI: 10.7377/72582
Abstract Il saggio si addentra nella ricaduta interna ai singoli Stati dello scenario di crisi dello Stato nazione,, prendendo in esame l’affanno della democrazia rappresentativa, in seguito all’incapacità del processo politico elettorale di rispondere al principio di competenza: con conseguenti rischi di degenerazioni oligarchiche e tentativi populistici. L’autore avanza dei dubbi circa il determinismo di questa strettoia teorica, che egli cerca di confutare storicizzando il discorso: porta così, ad esempio, l’espandersi del ruolo degli esperti, con fini di inclusione, nel campo degli organismi internazionali fra le due guerre e, i numerosi casi, nel dopoguerra, di dibattito in campo democratico in difesa di una osmosi tra tecnici e politici compatibile con obiettivi democratici.
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Politica dell'indignazione. Note sul rapporto attuale tra movimenti sociali e crisi della democrazia, di Raffaele Laudani (pp. 149-160)
DOI: 10.7377/72583
Abstract Raffaele Laudani analizza il caso della protesta degli indignati: il target del movimento è infatti la crisi della rappresentanza del sistema democratico, con il suo spostamento progressivo verso strutture della decisione politica non sottoposte al controllo popolare. Da lì deriverebbe “la vocazione destituente” del movimento, che fa dell’indignazione «un agire politico che rompe radicalmente con la tradizione costruita all’ombra dello Stato moderno» e presuppone un mutamento di paradigma che si traduce in una ricerca di nuove forme di organizzazione orizzontale e verticale sulla base di strutture decisionali partecipate. Anche se, constata Laudani, il movimento degli indignati «non ha ancora trovato una scienza politica all’altezza della sua filosofia politica».
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Presentazione
Abstract
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